Secondo un’autorevole opinione la “crisi” dell’Impresa è un elemento fisiologico nella vita di un’azienda che si palesa come una fase di instabilità della redditività che porta a rovinose perdite economiche e di valore di capitale, con conseguenti dissesti nei flussi finanziari, perdita della capacità di ottenere affidamenti creditizi, crollo di fiducia da parte della comunità finanziaria ma anche da parte dei clienti e dei fornitori. Tutti fattori che, singolarmente o congiuntamente, innescano così un pericoloso circolo vizioso. La fotografia dei dati più recenti ci dice che nell’ultimo trimestre 2016 si è rafforzato il calo dei fallimenti e delle altre procedure concorsuali (in particolare il ricorso al concordato preventivo) ma è aumentato il numero di imprenditori che decidono di chiudere la propria attività in bonis. Diminuiscono quindi le aziende in crisi costrette a dichiarare default ma tornano ad affacciarsi segnali di aspettative meno positive da parte delle aziende. E’ nel momento anteriore a questa fase che si devono innescare le procedure necessarie per rinegoziare con il ceto dei creditori nuove condizioni e termini per le obbligazioni già contratte, così da liberare risorse finanziarie e liquidità da destinare alla sopravvivenza dell’azienda e supere lo stato di crisi. All’interno dell’Impresa si individuano infatti due diversi componenti connesse tra loro: un organo di governo a cui spetta la corretta lettura dello stato di salute dell’Azienda e la struttura operativa che deve essere adeguata e spinta ad operare in modo performante al fine di evitare, se possibile, il sopraggiungere della crisi.
E’ proprio nel momento di percezione dei sintomi della crisi che l’avvocato – di concerto con i consulenti finanziari dell’azienda – deve intervenire.
Purtroppo l’esperienza pratica di chi scrive insegna che i soggetti appartenenti alla realtà della micro e piccola media impresa – diversamente dagli imprenditori appartenenti a realtà più strutturate a livello societario – percepiscono la figura professionale dell’avvocato, ancora come lo stereotipo del soggetto necessario solo in presenza di un contenzioso e non, così come dovrebbe essere, come quel consulente a cui fare ricorso nella vita quotidiana dell’attività societaria con cui confrontarsi periodicamente per mettere in sicurezza l’operatività aziendale da quelle problematiche che, apparentemente, possono sembrare gestibili dall’organo di governo o dalla struttura operativa ma che nascondo potenzialmente dei rischi da questi non percepibili.
Troppo spesso accade che l’avvocato non venga riconosciuto come advisor legale.
L’avvocato deve essere impiegato dall’Imprenditore in outsourcing continuativamente per il monitoraggio dell’Azienda poiché l’elemento principe per la buona riuscita della gestione della crisi aziendale è il fattore Tempo.
Dunque per sua natura la crisi dell’Impresa può essere prevenuta, anticipata e curata.
In tal senso però l’advisor deve intervenire in modo completamente innovativo rispetto agli ordinari schemi della consulenza legale cercando di educare l’Imprenditore “day by day” alla cultura delle decisioni ragionate in un’ottica non solo economico finanziaria ma nell’intento di individuare le procedure operative più efficienti per il proprio staff allo scopo di ridurre al minimo il rischio di insoluti, contenziosi relativi a rapporti commerciali, richieste di risarcimento danni o responsabilità per il Management.
E’ proprio quando l’Impresa è “sana” che deve essere costantemente monitorata e affiancata dall’ advisor in tutti quei casi di possibile criticità derivanti da transazioni con società a rischio d’insolvenza, nell’acquisto di beni nell’ambito delle procedure esecutive o concorsuali che potenzialmente possono avere un seguito patologico nei contenziosi scaturiti da situazioni di crisi finanziaria di fornitori o partner economici, sia davanti ai tribunali ordinari che fallimentari.
Senza, ovviamente, tralasciare l’indispensabilità dell’intervento dell’ advisor ogni qualvolta l’Imprenditore si trova ad avere a che fare con la gestione di operazione straordinarie che impattano finanziariamente in modo considerevole sull’Impresa, seguendola nel corso delle operazioni di accesso al credito in tutti i profili giuridici relativi al dialogo con le banche, nella formazione delle relative istruttorie e nella gestione dell’operatività e nella tutela del patrimonio personale dei soci di capitale.
Troppo spesso infatti la richiesta d’intervento da parte dell’Imprenditore viene fatta nella fase già patologica della crisi (e non nella sua genesi) a causa, purtroppo, di una comprensibile, ma non per questo giustificabile, convinzione di poter gestire autonomamente quelle dinamiche che nascondono al loro interno rischi non percepibili dall’Impresa e dall’Imprenditore che è privo dell’imparzialità e della visione tipica dell’advisor.
Gestione della crisi d’impresa e ristrutturazione del debito
Nei casi in cui la crisi non è percepita in tempo utile e si conclama con tutti i suoi effetti l’advisor legale, di concerto con l’advisor finanziario, assume il ruolo di coordinatore dei consulenti e dei collaboratori dell’Imprenditore accompagnando per mano quest’ultimo nella scelta degli interventi strutturali e delle strategie da attuare, individuando gli strumenti giuridici più adeguati per ridurre l’esposizione debitoria, curando l’aspetto fondamentale della dialettica con il ceto bancario, occupandosi di predisporre la contrattualistica necessaria alla formalizzazione delle convenzioni interbancarie, lettere di garanzia e di credito, curando gli aspetti correlati alla locazione finanziaria, operativa e al factoring, credito al consumo, costituzione e trasferimento di garanzie finanziarie e reali.
Vengono individuati, sempre di concerto con l’Imprenditore e l’advisor finanziario, gli strumenti giuridici con cui gestire la rinegoziazione del debito quali: accordi di stand still, convenzioni interbancarie esecutive di piani di risanamento attestati (art. 67 l. fall.), accordi di ristrutturazione (art. 182 bis l. fall.), accordi di moratoria (182 septies l. fall.). Viene predisposta la documentazione societaria, curata la gestione dei rapporti con i consulenti finanziari e industriali, smarcate le tematiche inerenti la responsabilità degli amministratori e alle proposte da formulare ai creditori, predisposti gli accordi modificativi di contratti anteriormente stipulati per la ristrutturazione dell’indebitamento finanziario, negoziati i contratti di cessione d’azienda, di cessione delle partecipazioni e di cessione degli immobili. L’attività dialettica dell’advisor legale nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione è ancor più rilevante nel ruolo di vero e proprio mediatore tra il centro di interessi costituito dall’Impresa da ristrutturare e quello del ceto creditorio. In primis le Banche, coinvolte nel dialogo con i consulenti per curare tutti quegli interessi delle parti che devono essere bilanciati e cristallizzati in un accordo di ristrutturazione nel reciproco interesse, tanto delle Banche che dell’Imprenditore, di tutelare il patrimonio aziendale e la redditività.
Assistenza che viene eseguita tramite la verifica a 360 gradi di tutti gli aspetti che interessano la vita dell’Impresa in crisi curando tanto la predisposizione del piano di risanamento o dell’accordo di ristrutturazione, il set documentale nonché gli aspetti secondari, ma non per questo meno importanti, del contenzioso, del diritto bancario e finanziario, del diritto del lavoro che si dovesse sviluppare intorno al perimetro della ristrutturazione del debito. L’importanza di un consulente predisposto e formato per la gestione della crisi è ancor più evidente se si ipotizza, o si prefigura all’orizzonte della Società, come possibile il ricorso ad una procedura concorsuale. In questo caso è essenziale l’attenzione alla tutela degli amministratori e dei sindaci nella gestione delle attività ordinarie in tempo di crisi e nel corso delle procedure di liquidazione volontaria, di concordato preventivo (sia esso liquidatorio o in continuità) e dell’accompagnamento della Società al c.d. fallimento in proprio al fine di evitare sia che vengano posti in essere attività, delibere o comportamenti che possano dare il via ad azioni di responsabilità civile o penale nel caso in cui l’interlocutore della crisi d’impresa diventi il Commissario Giudiziale nominato nella procedura di concordato preventivo o il Curatore della procedura fallimentare.E’ superfluo osservare infatti che gli assetti di amministrazione e controllo, l’attività degli organi amministrativi ed assembleari, poteri, doveri e responsabilità all’interno ed all’esterno delle società, sono tutti aspetti su cui i professionisti della crisi d’impresa si devono soffermare in modo specifico, sedendosi letteralmente a fianco dei soggetti apicali nel corso delle riunioni del board . In conclusione per poter operare efficacemente nella gestione della crisi d’impresa è indispensabile un radicale cambio di mentalità da parte dei soggetti operativi coinvolti. Su tutti l’imprenditore, che deve percepire la figura dell’avvocato come una vera e propria risorsa della Società alla stregua dei suoi più stretti collaboratori e che può essere fondamentale, anche in assenza di situazioni critiche, nell’operatività quotidiana proprio per evitare decisioni imprenditoriali che, prive della giusta forma tecnica, possano poi nel medio termine dare luogo a problemi più grossi. Infine l’avvocato che per operare in ambito di crisi aziendale deve cambiare radicalmente l’approccio classico reinterpretando il suo ruolo come quello di anello di collegamento tra l’imprenditore, l’advisor finanziario e il ceto bancario operando, laddove presente, pur nel rispetto del mandato conferito dall’Imprenditore in modo aperto e costruttivo con tutti gli interlocutori seduti al tavolo. Privilegiando, sempre e comunque il dialogo, e sviluppando una sensibilità nella percezione della realtà aziendale che vada oltre l’affidamento della singola problematica oggetto del tipico mandato giudiziale andando a tamponare o prevedere tutte le possibili implicazioni o difficoltà che possono rendere difficoltoso il processo di ristrutturazione e di cui, a volte, nemmeno lo stesso imprenditore si accorge.