Con la sentenza n. 7166 del 21 marzo 2017 la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in tema di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo ribadendo che ai fini della legittimità della sanzione espulsiva il giudice è chiamato a verificare in concreto l’effettiva gravità degli addebiti mossi al dipendente licenziato.
Licenziamento per giusta causa e principio di proporzionalità
Con la sentenza n. 7166 del 21 marzo 2017 la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in tema di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo (licenziamento disciplinare) ribadendo che ai fini della legittimità della sanzione espulsiva il giudice è chiamato a verificare in concreto l’effettiva gravità degli addebiti mossi al dipendente licenziato.
A tal fine, la Cassazione ha ricordato che la giusta causa e il giustificato motivo sono nozioni legali e che il giudice non è quindi vincolato alle previsioni della contrattazione collettiva. Vale a dire che le previsioni contrattuali collettive di giusta causa o di giustificato motivo non sono vincolanti per il giudice. Se un contratto collettivo prevede che una condotta costituisca giusta causa di licenziamento il giudice dovrà in primo luogo verificare che questa previsione siano rispettosa del principio di proporzionalità espresso dall’art. 2106 cod. civ. e, in caso contrario, deve rilevarne la nullità.
La Cassazione conferma quindi che il licenziamento è consentito solo quando il comportamento del lavoratore è tale da porre in dubbio la correttezza dell’adempimento della futura prestazione lavorativa.
Contestazione di addebito disciplinare: gli errori da non commettere
Come è noto, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro può capitare che il lavoratore non esegua correttamente la propria prestazione lavorativa o che tenga un comportamento non conforme ai propri doveri.
In tali ipotesi, la legge ed i contratti collettivi riconoscono al datore di lavoro il potere di sanzionare il lavoratore (mediante un richiamo scritto, una multa o la temporanea sospensione dal lavoro) ai fini di indurre il lavoratore ad adempiere esattamente per il futuro ai propri compiti.
Nei casi più gravi, a seguito dei quali viene irrimediabilmente lesa la fiducia del datore di lavoro a che il lavoratore possa adempiere correttamente ai futuri obblighi lavorativi, è consentito al datore di lavoro di comminare la sanzione più grave che è quella espulsiva del licenziamento disciplinare.
Sia nel caso in cui il datore di lavoro intenda comminare una sanzione conservativa (diversa dal licenziamento), sia nel caso in cui, per la gravità dei fatti posti in essere dal lavoratore, intenda recedere dal rapporto di lavoro, il legittimo esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro è assoggettato dall’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) e, a seconda dei casi, anche dal Ccnl applicato al rapporto, al rispetto di una particolare procedura stabilità a garanzia del lavoratore.
E’ bene quindi ricordare che il datore di lavoro non può in primo luogo adottare alcun provvedimento disciplinare senza aver preventivamente contestato al lavoratore, per iscritto, il comportamento che intende rimproverargli e per il quale ha intenzione di sanzionarlo.
La contestazione di addebito è, quindi, il primo e fondamentale atto con il quale è necessario aprire il procedimento disciplinare a carico del dipendente ed è funzionale a consentirgli di difendersi rispetto alle accuse che gli vengono mosse.
Solo dopo che il lavoratore “accusato” abbia avuto modo di difendersi (la legge prevede un termine di 5 giorni, ma i Ccnl possono prevedere termini anche più lunghi), eventualmente anche con l’assistenza di un rappresentante sindacale, il datore di lavoro può eventualmente adottare la sanzione disciplinare.
Al riguardo, la giurisprudenza ha elaborato ormai da oltre 40 anni alcuni principi di diritto che devono essere rispettati dal datore di lavoro affinché la sanzione comminata al dipendente possa considerarsi legittima e proporzionata alla mancanza commessa.
I professionisti del nostro studio sono a disposizione per offrire un’assistenza altamente qualificata sia ai datori di lavoro che intendono sanzionare in modo corretto un dipendente, sia quei dipendenti che ritengono di avere subito una sanzione disciplinare ingiusta o senza il rispetto della procedura prevista dalla legge.